Principi F.A.I.R. – Interoperabilità

La nostra prima tappa tra le parole della Digitalizzazione

28 Ottobre 2021

Gli acronimi popolano il mondo del Web, degli standard e dei protocolli, di linguaggi e di vocabolari. In questi ultimi anni si parla molto di principi F.A.I.R., pubblicati su “Scientific Data” nel 2016, e sembrano essere al centro del dibattito sulla gestione dei dati della ricerca: hanno ricevuto un riconoscimento mondiale da parte di varie organizzazioni tra cui FORCE11, National Institutes of Health (NIH) o anche la stessa Commissione Europea.
Fair in inglese significa “giusto”, “equo”, e l’acronimo nasconde quattro parole: Findability, Accessibility, Interoperability, Reusability. L’obiettivo di questi principi è quello di migliorare la qualità dei dati sul Web e su Internet e la capacità dei sistemi computazionali di trovare, accedere, interoperare e riutilizzare i dati e le risorse digitali. Scopo principale è quello di sostenere la ricerca e l’innovazione della conoscenza e di promuovere la condivisione e il riutilizzo dei dati. Oggi ci concentriamo sull’interoperabilità. Caratteristica a cui si tende fin dagli anni 2000, ovvero all’inizio di una nuova fase del Web, ma che rimane ancora una questione aperta, perché molti dei progetti digitali del nostro patrimonio culturale sono ancora silos non comunicanti tra di loro.
L’interoperabilità, come da dizionario, ha diversi significati, ma quello su cui vogliamo soffermarci è quello relativo al campo dell’informatica e legato ai succitati principi F.A.I.R.
L’interoperabilità è dunque la capacità di due o più sistemi, applicazioni, interfacce di dialogare e scambiare informazioni. I dati per essere interoperabili devono usare formati, linguaggi e vocabolari concordati dalla comunità di riferimento. In questo contesto si parla anche di metadati che devono seguire e usare standard e vocabolari condivisi dalle comunità, e contenere collegamenti a informazioni correlate usando identificatori. Concludendo, per far dialogare una macchina con un’altra macchina, ogni oggetto digitale dovrebbe essere  accompagnato da una documentazione che ne informi dei modelli e approcci individuati e messi in pratica.
Prendendo spunto dalle linee guida di ICCU del progetto PARTHENOS, realizzate da cinquanta professionisti, l’interoperabilità viene indicata come qualcosa che comprenda:

-API (Application Programming Interface) ben documentate ed eseguibili da computer

-vocabolari ben definiti

-modelli di metadati con buona documentazione

-standard interoperabili definiti e adoperati

-procedure stabilite per migliorare la qualità dei dati

-formati sostenibili nel lungo periodo

Uno dei progetti che consigliamo come paradigmatico per l’interoperabilità è il framework IIIF (International Image Interoperability Framework). Uno dei progetti italiani che attualmente utilizza l’IIIF per la gestione delle immagini è la Estense Digital Library.

Vedi anche:
https://digitallibrary.cultura.gov.it/notizie/principi-f-a-i-r-rintracciabilita/
https://digitallibrary.cultura.gov.it/notizie/principi-f-a-i-r-accessibilita/

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